domenica 28 febbraio 2021

La gloria

 

Allegoria di Icaro


Simile ad un uccello;

ma con le ali di cera,

eccoti o gloria bramata.

 

Fai volare in alto

verso il calore del sole;

ma il sole brucia,

acceca, chi ti possiede

non vede più niente

e la brama lo avvolge.

 

L’anima in te persa

continua a salire,

dal desiderio di

gloria ormai cinta,

più non vede dove

dal fato la sua vita

è sospinta.

 

Effimera Gloria!

si sciolgono le ali,

sotto i raggi infuocati,

nel vuoto precipiti

(o anima persa)

e ti ritrovi a baciar la terra.

 

Di quella vita falsa

solo raccogli polvere

di giorni bruciati.


(22 maggio 1964 F.B.)





Foto:https://www.flickr.com/photos/mcalamelli/

Mamma

 

Rosa


Mamma,

nome dolcissimo,

prima parola

sulle labbra

morbide del bimbo.

 

Raccogli il

suo primo sorriso,

muovi i suoi primi

passi incerti.

 

Forte lo stringi

al cuore

quando, ridendo,

viene a cader

tra le tue braccia.

 

Gli intrecci le manine

rosee e paffutelle

per la preghiera

del Signore;

quelle manine

alzi nel segno della

Croce.

 

Mamma,

simile alla rosa

pieno di spine

hai il cuore;

ma intorno a te,

spargi il profumo

e la bellezza

di quel fiore.

 

(25 aprile 1964 F.B.)


Foto:https://www.flickr.com/photos/luigimengato/

giovedì 25 febbraio 2021

Alla maestra morta

 

Cattedra


(parte 2^)

 

(ricordo di Maria Antonietta P.)

 

Dolce il ricordo

mi assale di te

Maestra mia.

 

Ti ho cercata,

volevo chiedere

al tuo cuore

conforto alle mie pene;

ma la tua voce

non ho trovato più,

il tuo volto non

ho trovato più.

 

La voce al telefono…

Morta!

Cosa vuol dir morire!

 

Quanto ben ti volevo

io non sapevo,

ora so quanto te ne

voglia ancora!

 

Oh! se fossi viva ora,

come ad una mamma

bacerei il tuo volto

le tue mani (dolci

mani fatate), che solo

conoscevano

della carezza il gesto,

solo per indicare

Iddio verso l’alto

si alzavano.

 

(22 aprile 1964 F.B.)


Foto:https://www.flickr.com/photos/52912280@N00/lia/

mercoledì 24 febbraio 2021

La maestra

 

Vecchia scuola


(parte 1^)


(ricordo di Maria Antonietta P.)

 

Il sole si è levato,

monotono il giorno

è passato,

uguale a tanti altri;

scesa è la sera,

le stelle nella notte

ad una ad una si accendono

ed in quella immensa luce

un’immagine vivida,

si è levata avanti a me

nei miei ricordi.

 

Tempi di scuola,

quando ero alle

elementari

e “Lei” con le

trecce nere,

raccolte sulla nuca,

mi seguiva passo, passo.

 

Brama di crescere,

quel banco, quell’aula

lasciare…

 

Poi il giorno del distacco,

ero felice, contenta

di seguire nuove mete,

(la vita ancora non spaventa).

 

Oh! come avrei pianto

se palese mi fosse stato

Il tempo che vien dopo,

come ardua mi fosse

la sua ascesa!

 

Ora, finito Il tempo

degli allegri svaghi,

di una vita senza

pensieri, il ricordo

di “Lei” mi assale

e quelle lacrime

allora non versate,

scendono ora

sul mio volto stanco.

 

O tu, dolce fanciullo

che parti verso una

nuova vita, sorgerà

il giorno del ricordo

vedrai i suoi occhi

fra le stelle in cielo,

sulla terra il suo volto

nella bellezza dei fiori,

la sua voce nello

scrosciare di una fonte,

nei cerchi sull’acqua

la sua mano che

guida la tua mano.

 

Tante volte i ricordi

nell’anima ti avevano

parlato di lei;

ma difficile era l’ascolto

di quella voce che

al tuo cuore chiedeva

chi ti aveva aperto

le porte del sapere.

 

Solo un giorno

ritroverai il suo volto,

il suo ricordo,

ma sarà troppo tardi...

troppo tardi per parlarle

ancora.

 

(2 marzo 1964 F.B.)


Foto:https://www.flickr.com/photos/cristiancarrara/

martedì 23 febbraio 2021

Cuore di pietra

 

Fiume Tevere


Andrò lontano,

in paese straniero,

emigrerò da questa terra

che si mostra ostile.

 

Roma, oggi mi sei nemica,

non ti riconosco, o forse

son io che cambio,

è il mio cuore che da te

già si allontana.

 

Le tue fontane

non mi parlano più

con lo scroscio dell’acqua,

sono mute, come muto

è il mio cuore.

 

I monumenti che amavo,

non hanno più storia:

pietre senza nome.

 

No, non è mia la colpa,

se il mio cuore più

non t’ama, se mi sento

straniera, se ti abbandono,

se fuggo verso un paese

sconosciuto e lontano,

cercherò il silenzio

di verdi campagne….

sì, o Roma, ecco la verità:

sei una città immersa

ormai nella modernità,

il frastuono mi sommerge

ed io da te mi allontano.

 

Quando eri pace, ti amavo,

quando nel silenzio

la voce del fiume ascoltavo…

ora mi sei nemica:

nella polvere del traffico

il Colosseo, Castel Sant’ Angelo

per me non hanno più memoria.

 

Una terra d’amare troverò,

andrò lontana e in quel

luogo amato riposerò

le mie stanche membra

un giorno nel sepolcro.

 

Non lascio rimpianti,

non mi seguono ricordi,

mentre il treno si allontana

sussulta il cuore, come

da un brusco risveglio

dopo un lungo sonno:

geme, si stringe ed un

grido, il grido del Cuore

di Pietra, sale e mi

stringe la gola; ma

la mia voce non ha parole;

sale il grido verso l’alto,

gli occhi si velano,

tremano…..

e nell’ombra di una lacrima

le labbra serrate si schiudono,

la voce prorompe

in un grido:

“Addio o Roma, città

per sempre mia!”   

 

(2 marzo 1964 F.B.)





Foto:https://www.flickr.com/photos/davidalmeida

giovedì 18 febbraio 2021

Piccolo pastore

 

Gregge



Per la prima volta

sei andato al pascolo

con tuo padre.

 

Tra le braccia

l’ultimo nato

che posava

il piccolo muso rosato,

sulla tua calda mano

di fanciullo.

 

Hai riso tutto il giorno,

eri felice, correvi,

ruzzolavi e credevi

che il giorno non

finisse mai.

 

E’ sceso il sole,

nella vivida luce

del tramonto,

hai riso ancora:

era bello il cielo

infuocato.

 

Ed ecco è comparsa

la luna, bianca come

un fantasma, la notte

è nera e cupa.

 

Dormi tra l’erba

sotto una coperta;

ma no, non dormi,

gli occhi tremano

e sono attenti

sotto le palpebre

socchiuse.

Il cuore batte forte.

 

Tuo padre dorme

tranquillo, sei al

sicuro ma hai paura.

 

Ogni piccolo rumore

fa sussultare il cuore.

In un nido nascosto

un’ala freme, apri

gli occhi, sussulti,

nascondi il viso

sotto le coperte:

sarà un brigante?

 

Con ansia attendi

Il nuovo giorno,

rimpiangi la sicurezza

della tua casa la sua

luce e poi… ecco il

dolce sonno che

fa dimenticare.

 

Domani i tuoi timori

non ci saranno più

fugati dalle ultime

ombre della notte.

Tornerai con il tuo

pascolo: è il tuo

destino che non

cambieresti mai:

ami ed amerai

il tuo velloso gregge,

i canti del pastore,

i giochi sull’erba,

la luce delle stelle,

anche se tremi ad

ogni piccolo rumore.

 

Crescerai,

tranquillo nelle notti

come tuo padre

diventerai.

 

(16 gennaio 1964 F.B.)


Foto:https://www.flickr.com/photos/addiopizzotravel/

lunedì 15 febbraio 2021

Natale

 

Decorazione natalizia



Tanti piccoli pacchi,

festosi colori di nastri:

ecco i tuoi doni.

 

Li apri con occhi ridenti,

con mani affrettate.

Le dita si intrecciano,

tremano:

i doni ancora non escono.

 

Poi, dopo tanto smaniare,

il pacco è aperto:

ne esce un dono

che accogli con grida

di gioia o….. con occhi

delusi; ma sempre è

gradito il ricordo di cari

lontani e delle amiche

più care.

 

In un angolo

l’albero brilla di mille

luci dorate simili a

lucciole in attesa di

prendere il volo.

Vi posi i doni,

di nuovo legati con

i nastri festosi.

 

Così, come dal vischio

già cadono le piccole

palline cerate,

ormai senza vita,

lascia cadere le

tue pene,

i dolori sofferti,

ricorda sole le mille

luci dell’albero,

l’allegro colore

dei nastri, la gioia

dei doni……

il coro festoso

degli angeli in volo

che, in una notte lontana

al mondo un canto elevava:

“Osanna, è nato 

il Divin Redentore!”

 

(28 dicembre 1963 F.B.)





giovedì 11 febbraio 2021

Tu non sai...


Cielo


 



Tu non sai, bambino,

cosa siano le stelle

e gli astri.

Le credi lucciole,

lucciole vagabonde

che ti rischiarano

il cammino quando

il sole già volge

al tramonto.

 

Ascolta, guardale bene:

sono occhi, occhi

meravigliosi del cielo.

Tu non sai…..

sono gli occhi dei nostri

cari scomparsi, dei nostri

angeli che ci guardano

lassù dal cielo.

 

Prova a contarle:

mai ci riuscirai,

due ne conterai

e cento appariranno

ancora, così come

sulle tue piccole dita,

a contare mai riuscirai

i nostri morti:

le grandi bare d’Italia

e del Mondo, gli eroi

di inutili guerre, i caduti

combattendo per la pace

e la bandiera tricolore.

 

Tu non sai…..

come sia difficile

contare i nostri morti.

Sono tanti….. tanti

come le stelle del cielo.

Ricorda: l’azzurro è la

loro vera terra,

le stelle i loro occhi.  

 

(17 dicembre 1963 F.B.)


Foto:https://www.flickr.com/photos/loppy/

Piccoli mendicanti

 

(La fisarmonica)

Fisarmonica




Suonavi la fisarmonica ai giardini,

per un piccolo gruppo di persone.

Una bambina, forse tua sorella

vestita di brandelli come te,

ti era accanto, con un piccolo

piattino tra le mani.

 

Suonavi.

La tua musica era dolce,

come dolci erano i tuoi occhi:

rispecchiavano la tua

anima pura, anche se tanto

provata dal dolore.

 

Terminasti di suonare;

tua sorella passò con

il piattino tra le mani,

come chierico che metta

il piattino sotto l’Ostia,

per raccogliere immaginarie

briciole che cadano.

 

La gente (infame!) rise,

nessuno diede niente;

la piccola ti tornò accanto,

guardava stupita,

forse inconscia,

quel gruppo di persone.

 

Le prendesti un braccio,

per guidarla via,

con  il cuore affranto

e tanta fame.

 

Un uomo ti richiamò:

andasti verso lui,

il cuore batteva

di nuova speranza;

ma ti derise ancora

sul piccolo viso

di bambino adulto.

 

Corresti via,

trascinando tua sorella

e la pesante fisarmonica

nella folle corsa:

non volevi udire

più quel riso,

non volevi più subire

quell’infamia.

 

(13 dicembre 1963 F.B.)





Foto:https://www.flickr.com/photos/studioalijn/

martedì 2 febbraio 2021

In cerca delle stelle

Cielo invernale


Questa notte,

una notte senza lacrime,

ma grigia, come grigio

è il tempo d’inverno,

ho cercato con gli occhi

in alto, di veder le stelle.

 

Il cielo era buio,

non una luce in esso

splendeva.

Ho scrutato con occhi

attenti, fino in fondo

alla sua anima;

ma stelle non v’erano.

 

Volevo parlare con loro,

con il tacito sguardo

degli occhi; ma questa

notte sono mancate.

 

Parlare dei battiti

gioiosi del cuore…

dei nodi alla gola,

sentire il conforto

dei loro sguardi

di lucciole:

“Occhi Divini”;

ma sono mancate.

 

Non mancate il giorno

del mio tramonto,

così ch’io possa

colmare gli occhi

di cotanto azzurro!

 

(13 dicembre 1963 F.B.)